Le indagini difensive e l’informatica forense
Dedichiamo una riflessione alla stretta connessione tra le indagini difensive e l’informatica forense.
Nel nostro codice le indagini difensive sono state introdotte dalla legge 7 dicembre 2000, n. 397, in vigore dal 18-1-2001.
Questa norma abrogando l’art. 38 disp. att. del codice di procedura penale, ha introdotto nel Libro V del codice il Titolo VI-Bis.
Prima di questa norma l’ambito investigativo difensivo era di fatto limitato ad interventi funzionali unicamente alle richieste di prova in fase dibattimentale, senza che fossero regolate in concreto le tipologie di atti consentiti, le modalità esecutive ed il relativo valore probatorio.
Il nostro sistema ora, in quanto “accusatorio”, tende a garantire una sostanziale eguaglianza di poteri tra accusa e difesa con la conseguente importanza del ruolo di ricerca della prova da parte del difensore e degli altri soggetti autorizzati nell’ambito dell’intero processo penale. Resta necessario l’intervento esclusivo della AG per il compimento di alcune attività che incidono sui diritti altrui.
Fatta eccezione, dunque, per quelle attività per le quali è ancora richiesto l’intervento della AG, la norma prevede che i soggetti legittimati possono:
- acquisire notizie dalle persone informate sui fatti, mediante colloqui non documentati, richiesta e ricezione di una dichiarazione scritta documentata e assunzione di informazioni(art. 391-bisp.p.);
- richiedere documenti alla Pubblica Amministrazione (art. 391-quaterp.p.);
- effettuare l’accesso ai luoghi per visionarne lo stato e/o svolgere rilievi tecnici, grafici, planimetrici o audiovisivi (art. 391-sexies e septies c.p.p.);
- compiere accertamenti tecnici non ripetibili (art. 391-decies c.p.p.);
- partecipare agli atti d’indagine compiuti dall’organo d’accusa, in particolare agli accertamenti tecnici non ripetibili (art. 360 c.p.p.), alla raccolta di sommarie informazioni (art. 350 c.p.p.), all’interrogatorio dell’indagato (art. 363, 364, 374 e 388 c.p.p.), a perquisizioni e sequestri (art. 365 c.p.p.).
Dalla lettura attenta della norma vi è anche la possibilità di svolgere attività investigativa preventiva nel caso in cui ci sia anche solo l’eventualità che un processo si instauri.
Tutti i documenti e gli elementi raccolti in fase di indagini difensive confluiscono nel cosiddetto “fascicolo del difensore” che può essere presentato già al PM o al Giudice delle Indagini Preliminari o per l’udienza preliminare.
Gli atti contenuti nel fascicolo del difensore possono essere utilizzati in dibattimento, se necessario, per contestare le dichiarazioni dei testimoni, ai fini della loro credibilità, in tutti quei in casi in cui ciò è consentito in relazione agli atti delle indagini preliminari svolte dall’accusa, secondo quanto stabilito dagli artt. 500, 512 e 513 del codice di procedura penale.
Questo il quadro normativo di riferimento a seguito dell’entrata in vigore della L. 397/2000.
Le indagini difensive e l’informatica forense. L’importanza delle indagini informatiche forensi
Facciamo ora alcune considerazioni sulla effettiva valenza dello strumento normativo e sulla sua concreta applicazione, dal punto di vista dell’informatica forense e sul rapporto esistente tra indagini difensive e l’informatica forense.
Da quanto abbiamo visto finora quindi le indagini difensive dovrebbero garantire il principio di parità tra accusa e difesa, riconoscendo pertanto ai difensori un ruolo molto importante nel nostro sistema processuale.
Nella prassi quotidiana però le indagini difensive sono poco utilizzate non avendo mai fatto pienamente breccia nei penalisti i quali in diversi casi si vengono a trovare in posizioni di inferiorità rispetto all’accusa, a discapito dei propri assistiti.
Per evitare ciò sarebbe auspicabile un maggiore utilizzo dello strumento delle indagini difensive da parte dei difensori e contestualmente una presa di coscienza delle potenzialità delle indagini informatiche, considerato che gli eventuali elementi di prova, a carico o a discarico, sono sempre più spesso memorizzati in PC, Smartphone, Videocamere, Cloud, pen drive eccetera.
La digital evidence è sempre più protagonista in ogni fase dei procedimenti penali – ma non solo – e sempre più veniamo chiamati, in qualità di esperti, ad illustrare le metodologie utilizzate per acquisire e trattare il dato digitale al magistrato procedente, cui spetta di valutarle ai fini probatori e quindi dell’utilizzabilità per la decisione. In questo contesto il difensore non dovrebbe ritagliarsi un ruolo “passivo”.
La considerazione finale che ne deriva è la necessità per il penalista di aprirsi alle potenzialità investigative informatiche assumendo il ruolo attivo che la norma ha voluto riconoscergli, lavorando in squadra con i giusti collaboratori al fine di ricercare, individuare ed acquisire in modalità forense elementi utili alla piena difesa del proprio assistito, e questo già nelle fasi preliminari, se non già nelle fasi preventive.
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